Test genetici per le patologie retiniche ereditarie

“Le patologie retiniche ereditarie sono causate da una o più mutazioni del DNA. A seconda dei casi, le mutazioni geniche possono determinare nelle cellule retiniche la mancanza di una proteina importante o la produzione di una proteina non funzionante o addirittura dannosa. Questo comporta l’insorgenza di deficit nella funzionalità visiva e, nei casi più gravi, la morte cellulare dei fotorecettori con conseguente perdita della visione.

A differenza delle malattie multifattoriali, che sono determinate da fattori ambientali, comportamentali e genetici, le malattie ereditarie dipendono unicamente, o almeno in modo preponderante, dalla presenza di un “difetto” nel DNA. Poiché i genitori trasmettono metà del loro DNA ai figli, le patologie che hanno base genetica possono essere trasmesse di generazione in generazione e per questo motivo sono definite “ereditarie”.

La modalità di trasmissione delle malattie ereditarie cambia a seconda che siano basate su mutazioni recessive – che causano la malattia solo se ereditate da entrambi i genitori – o mutazioni dominanti – che determinano la malattia anche se ereditate da uno solo dei due genitori. Le malattie legate all’X sono causate da mutazioni presenti sul cromosoma X e se tali mutazioni sono di tipo recessivo la malattia si manifesta prevalentemente nei maschi. Le malattie mitocondriali sono causate da mutazioni presenti a livello del DNA contenuto nei mitocondri, piccoli organelli cellulari che producono energia; poiché i mitocondri sono ereditati dalla madre, le malattie mitocondriali sono trasmesse tipicamente per via materna.

Prese singolarmente, le patologie retiniche ereditarie sono solitamente delle malattie rare, ma nel complesso esse rappresentano un’importante causa di ipovisione e cecità legale nei bambini, negli adolescenti e negli adulti in età lavorativa. Le possibilità di cura per queste patologie sono strettamente legate alla possibilità di correggere il difetto genetico responsabile, un’opzione che fino a non molto tempo fa era inimmaginabile ma che oggi sta fortunatamente diventando una possibilità terapeutica reale.

Tra le diverse tecniche terapeutiche in sviluppo, la terapia genica è stata la prima ad ottenere l’approvazione di un farmaco, ovvero quello per il trattamento delle forme di Amaurosi congenita di Leber e di retinite pigmentosa causate dalla mutazione in omozigosi del gene RPE65. Il farmaco si avvale di un vettore virale che veicola nelle cellule della retina dei pazienti una versione corretta del gene RPE65, che riesce a compensare il difetto genetico e ridurre i deficit visivi conseguenti alla malattia. Se la cura viene somministrata precocemente si ottengono risultati terapeutici significativi.

Lo sviluppo di nuove tecnologie di genetica medica non è di facile realizzazione, tuttavia esistono oggi migliaia di ricerche in corso che stanno contribuendo a velocizzare sensibilmente la messa a punto di nuove terapie. La possibilità di poter accedere a una terapia approvata o in alternativa a una nuova terapia promettente ma ancora in fase di sperimentazione clinica è subordinata alla conoscenza del difetto genetico che causa la patologia. Ad oggi infatti sono stati individuati più di 300 geni le cui mutazioni possono dare origine a oltre 50 patologie retiniche ereditarie differenti. Mentre è facile comprendere che malattie diverse sono causate da mutazioni di geni differenti o da mutazioni differenti di uno stesso gene, potrebbe non risultare ovvio che una stessa malattia genetica può essere causata da mutazioni di geni differenti o da mutazioni differenti di uno stesso gene. Inoltre, poiché malattie diverse possono presentare quadri clinici molto simili, l’unico modo per sapere quale sia la mutazione responsabile di una patologia retinica ereditaria consiste nell’eseguire un test genetico.

I test genetici permettono di individuare e caratterizzare con precisione la o le mutazioni geniche presenti in un paziente affetto da una patologia ereditaria e rappresentano uno step essenziale per poter orientare il paziente stesso verso un possibile percorso terapeutico, sia esso una terapia approvata o, laddove possibile, uno studio clinico in fase avanzata.

I test genetici si effettuano su campioni di saliva prelevati strofinando un bastoncino cotonato sulla superficie interna della guancia, una procedura completamente indolore ed estremamente veloce (meno di un minuto). I risultati del test devono essere analizzati da un genetista esperto del settore, che potrà spiegare il significato delle eventuali mutazioni riscontrate, sia in termini di evoluzione della patologia sia in termini di possibilità terapeutica.”

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